
Feltrinelli Editore
206

Dopo aver perso il padre in quello che ha tutta l’aria di essere stato un doppio suicidio d’amore, Yoshie si trasferisce dalla sua casa di Meguro a un minuscolo e vecchio appartamento a Shimokitazawa, un quartiere di Tokyo famoso per le sue stradine chiuse al traffico, i ristoranti, i negozietti, nonché meta degli alternativi della capitale. Qui Yoshie spera, aiutata dall’atmosfera vivace, di superare il dolore e dare una nuova direzione alla sua vita. Un giorno, però, sua madre le si presenta a casa all’improvviso con una borsa Birkin di Hermès e qualche sacchetto. Inizia così una bizzarra convivenza che unisce le due donne lungo il percorso di elaborazione del lutto che le ha colpite, le pone di fronte a verità inaspettate, le aiuta a scorgere fiochi lumi di speranza nel buio di una quotidianità ferita. Moshi Moshi – “pronto” al telefono – è il racconto di una rinascita, la favola delicata e struggente della vita di un quartiere, la storia di una madre, di una figlia, di un grande dolore e di qualche piccola felicità inattesa.
Buongiorno e bentornati, impavidi lettori! Il libro di cui parleremo oggi l’ho letto a seguito della mia decisione di partecipare alla sfida di lettura Il giro del mondo in 80 libri (abituatevi, quest’anno saranno parecchi i libri che leggerò per questa challenge!). Il paese di questo libro è, ovviamente, il GIAPPONE, in cui si doveva leggere un libro di Banana Yoshimoto.
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Ho sempre voluto leggere qualcosa di questa autrice e non vedevo l’ora di immergermi nella lettura ma, devo ammettere, è stato molto difficile leggere tutto il libro, fino alla fine. Non so se è colpa mia, per aver avuto troppe aspettative nei confronti dell’autrice, o se ho incontrato la sua opera meno riuscita. Mi aspettavo un libro poetico e pieno di emozioni e invece mi sono ritrovata tra le mani un libro… freddo. Non saprei dirlo in altro modo. Ho letto tanti libri, alcuni mi sono piaciuti e altri no, ma è la prima volta che leggo una storia così fredda.
Tutta la storia sembra sospesa in un limbo. La scomparsa del padre della protagonista è circondata da un mistero, ma non viene approfondita. Onestamente, mi ha lasciato dell’amaro in bocca. La dinamica suicidio/omicidio che ha portato alla sua morte viene affrontata a mio avviso in modo molto superficiale. L’elaborazione del lutto c’è e non c’è. Forse la colpa è mia, di non essere riuscita a capire il libro. Ci ho provato veramente, ma l’io narrante, a dispetto della sua età, mi è apparsa una ragazzina molto infantile e volubile. La storia procede lentamente, e sembra di stare sempre al punto di partenza.
Non posso dare un punteggio più basso perché, in compenso, il libro è ben scritto e ha delle belle descrizioni, ma il percorso di rinascita, a mio avviso, poteva essere sviluppato in maniera migliore.